Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/107

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di renderli diligenti. Anche quelli, dissi, che sono amanti del guadagno, forse non potranno essere ammaestrati a sopraintendere con diligenza ai lavori di campagna. Non è così, disse Iscomaco, anzi agevolmente condurre si possono a questo, perocchè basta loro dimostrare siccome la diligenza si è cosa, che dà guadagno. Tutti gli altri poi, diss’io, che sanno temperarsi da ciò che hai detto, e che moderatamente amano il guadagno, in qual maniera li ammaestri ad usare quella diligenza, che tu richiedi? In un modo, mi rispose, o Socrate, al tutto semplice: perocchè quando li vedo essere diligenti, e li lodo, e cerco di premiarli; quando poi mi accorgo che alcuna cosa abbiano fatta con trascuraggine, e con le parole, e con li fatti mi studio di farneli ben pentire. Ora, o Iscomaco, soggiunsi, tralasciando di ragionare di quelli che sono ammaestrati nella diligenza, questo dichiarami intorno all’ammaestrare, se è egli possibile, che alcuno sendo esso trascurato, renda gli altri diligenti? Certo, disse Iscomaco, che ciò nulla più agevole gli sarebbe di fare, che non sapendo egli la musica, di rendere gli altri buoni musici: poichè è ben difficile che insegnando il maestro alcuna cosa male, altri apprende a farla bene, e così dimostrandosi il padrone negligente, egli è ben difficile che divenga il servo diligente. E a dirti tutto in breve: di un cattivo padrone