Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/127

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tro delle paglie, e delle reste avesse a dar noia agli occhi, e alle mani. Segherestilo poi, disse, vicino alla cima, o radendo la terra? Se il grano avesse il gambo corto, seghereilo, dissi, al basso, perchè la paglia potesse bastarmi: ma se il suo stelo fosse lungo crederei far bene a segarlo nel mezzo, acciocchè quelli che dovranno tritarlo, e spagliarlo, non abbiano a durare maggior fatica per un cosa, che non bisogna, e quel resto dello stelo, che rimane sul campo, bruciandolo, stimo che gioverebbe al terreno, o gittandolo fra il concime, ne accrescerebbe la quantità. Vedi tu, disse, o Socrate, come se’colto col furto in mano, mostrando di per te stesso come circa il mietere, tutto quello già sai che so io medesimo? Può essere, ch’egli sia così, diss’io, ed ora voglio far prova se conosco pure come si abbia a fare il tritamento. Tu già saprai, disse, che si suole tritare il grano co i giumenti. E come non avrei io a saperlo, risposi, e di più so che si dicono egualmente giumenti, i buoi, i muli, e i cavalli. Già tu non pensi, egli disse, che tali bestie sappiano fare altra cosa, se non che calpestare il grano se altri le fa girare all’intorno. E che altro, dissi, potrebbero saper fare coteste bestie? Acciocchè poi calpestino esse quel grano che ne ha bisogno, onde tutto egualmente si vada tritando, a chi, o Socrate, disse, se ne apparterrà la cura? A coloro al certo, diss’io, che al tri-