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Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/72

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rispose: odilo adunque, o Socrate: dappoichè ebbi già preso seco lei dimestichezza, e disposta la vidi a volersi intertenere meco a ragionare, la interrogai presso a poco a questo modo; dimmi, o donna, hai tu mai considerato a qual fine io ti abbia presa, e i tuoi genitori mi ti abbino data? poichè ben so, conoscersi ora da te, che a me non sarebbero mancate donne, le quali meco si stessero; ma consultando io per me stesso, e i tuoi genitori per te, quale compagnia potessimo prendere che ottima fosse, e a governare la casa, e ad acquistarne figliuoli, io te, e i tuoi genitori me fra tutti gli altri prescelsero. Quanto ai figli adunque, se Dio un giorno ci concederà di averne, allora consulteremo intorno a quelli come poterli ottimamente educare, perché sarà un bene ad ambedue comune di avere chi ci dia aiuto, e nella vecchiezza ci sostenti. Fin d’ora poi abbiamo in comune questa casa, poichè quanto io ho, tutto in comune ti pongo, e tu pure quanto hai recato tutto ponesti in comune, e non si dee già di questo tener conto chi di noi due abbia posto un maggior numero di cose in questa comunione, ma questo dobbiamo ben sapere, che qualunque di noi sia il miglior socio, quegli è che vi pone le cose di maggior pregio. A questo risposemi, o Socrate, la mia donna: e qual cosa mai potrei io adoperare in tuo aiuto? e quale si è egli il mio potere? tutto sta in te: