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258 senso

ardore di amor sensuale non mi sembrò un’arte, mi sembrò una faccia della natura veneziana; e le canzoni, che avevo udito cantare dal popolo sboccato, mi tornavano nella memoria innanzi alla dorata Assunta di Tiziano, alla Cena pomposa di Paolo, alle figure carnose, carnali e lucenti del Bonifacio.

Mio marito fumava, russava, diceva male del Piemonte, comperava cosmetici: io avevo bisogno di amare.


Ora ecco in qual modo principiò la mia terribile passione per l’Alcide, per l’Adone in assisa bianca, il quale si chiamava con un nome che non m’andava a’ versi — Remigio. Costumavo tutte le mattine di recarmi al bagno galleggiante di Rima, posto fra il giardinetto del Palazzo Reale e la punta della Dogana. Avevo preso per un’ora, dalle sette alle otto, una Sirena, cioè una delle due vasche per donne, grande quanto bastava per nuotarvi qualche poco, e la mia cameriera veniva a spogliarmi e a vestirmi; ma, siccome nessun altro poteva entrare, così non mi davo la briga di mettermi l’abito da bagno. La vasca, chiusa intorno da pareti di legno e coperta da una tenda cenerognola a larghe zone rosse, aveva il fondo di assi accomodato a tale profondità sott’acqua che alle signore di piccola statura rimanesse fuori la testa. A me restavano fuori le spalle intiere.

Oh la bella acqua smeraldina, ma limpida,