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senso | 281 |
taglia orribile: l’Austria era disfatta, diecimila morti, ventimila feriti, le bandiere perdute, Verona ancora nostra, ma vicina a cedere, come le altre fortezze, all’impeto infernale degli Italiani.
Mio marito era in villa, e doveva starci una settimana. Suonai con furia; la cameriera non veniva; tornai a suonare; si presentò all’uscio il domestico.
— Dormite tutti? maledetti poltroni. Fammi venire subito il cocchiere, ma subito, intendi? —
Qualche minuto dopo entrò Giacomo sbigottito, abbottonandosi la livrea.
— Da qui a Verona quante miglia ci sono? —
Stette un poco a pensare.
— Dunque? — ripresi stizzita.
Giacomo faceva i suoi conti:
— Da qui a Roveredo circa quattordici; da Roveredo a Verona dovrebbero essere... non saprei... ci si mette con due buoni cavalli dieci ore, poco più, poco meno, senza contare le fermate.
— Ci sei mai stato con i cavalli da Trento a Verona?
— No, signora contessa; andai da Roveredo a Verona.
— Fa lo stesso. Da qui a Roveredo so bene anch’io che occorrono due ore.
— Due ore e mezzo, scusi, signora contessa.
— Dunque due e dieci fanno dodici in tutto.