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senso 293

Nessuno badava a me.

Entrò, sola, una ragazza, pareva una crestaia, e si pose a sedere a lato dell’ufficialetto magro, chiedendogli ad alta voce:

— Me lo paghi un caffè?

Dopo alcuni discorsi, ai quali non posi attenzione, uno dei militari sdraiati disse alla ragazza, senza muoversi:

— Sai, Costanza, ho visto il tuo tenente Remigio

— Quando? — chiese la femmina.

— Oggi. Sono andato da lui. Era insieme con Giustina. La conosci Giustina?

— Sì, quella biondona, che ha tre denti rimessi.

— Non me ne sono accorto.

— Guardala bene. E come sta Remigio?

— Qualche doloretto alla gamba, che lo fa guaire ogni tanto, e zoppica un poco, ecco tutto. È stata proprio una malattia provvidenziale quella. Gli altri arrischiano la pelle, si logorano nelle fatiche, nei calori d’inferno, nella fame, in tutte le maledizioni di questa guerra, e lui mangia, beve e sta allegro e trova chi lo mantiene.

— Chi vuoi che lo mantenga quel buon mobile?

— Una signora.

— Una vecchia bavosa.

— No, mia cara, una signora bella, giovane e, per giunta, milionaria e contessa e innamorata matta di lui.