Pagina:Sentenza Tribunale di Milano - Caso Mills.djvu/346

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5.2) Valutazione della confessione

Matematicamente smentita l’ipotesi che la somma provenisse da Attanasio, si tratta di valutare le dichiarazioni di natura confessoria di Mills.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che “la confessione dell'imputato può essere posta a base del giudizio di colpevolezza anche quando costituisce l'unico elemento d'accusa, purché il giudice ne abbia favorevolmente apprezzato la veridicità, la genuinità e l'attendibilità, fornendo ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto di un intendimento autocalunniatorio o di intervenuta costrizione dell'interessato” (cfr., da ultimo, Cass. Sezione 4, sent. n. 20591 del 5 marzo 2008). Tanto che, addirittura, “la confessione, pur soggetta, come tutte le prove orali, alla verifica di attendibilità, non subisce le limitazioni di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 192 c.p.p. e non ha quindi bisogno di riscontri esterni” (cfr. Cass. Sezione 2, sent. n. 21998 del 3 maggio 2005). Situazione comunque estranea al caso concreto.

La medesima valutazione, ed è ciò che qui maggiormente rileva, trova ingresso anche nell’ipotesi in cui la confessione sia seguita da una ritrattazione, sempre che, all’esito di una doverosa analisi delle circostanze ad essa inerenti, quest’ultima si riveli inattendibile: “Quando tale indagine, ovviamente estesa al controllo di tutte le emergenze processuali, nel caso di intervenuta ritrattazione non conduca a smentire le originarie ammissioni di colpevolezza, dovrà allora innegabilmente riconoscersi alla confessione il valore probatorio idoneo alla formazione del convincimento della responsabilità dell'imputato” (cfr. Cass. Sezione 1, sentenza n. 14623 del 4 marzo 2008).

Il medesimo favore giurisprudenziale viene riservato dal giudice di legittimità anche all’istituto della confessione stragiudiziale, che, “pur non costituendo prova assoluta di colpevolezza, può essere assunta a fonte del libero convincimento del giudice, allorché, valutata in sé nonché nel contesto dei fatti, raffrontata con gli altri elementi di giudizio, sia possibile verificarne la genuinità e la spontaneità in relazione al fatto contestato" (cfr. Cass. Sezione 5, sentenza n. 38252 del 15 luglio 2008).