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96 all’erta, sentinella!

intorno alla casa. Un giorno, il terzo o il quarto, non potendone più, egli era entrato nell’ufficio di direzione, dove il capitano Gigli scriveva. Era pallido, il capitano Gigli, e scriveva nervosamente. Rocco Traetta, col berretto fra le mani, attese che il capitano finisse di scrivere: e quello continuò, per qualche tempo, mettendo da parte le lettere che scriveva, senza levare gli occhi. Alla fine, il capitano Gigli, avvertendo che qualcuno era nella stanza, smise di scrivere.

— Siete voi, Rocco Traetta? Che volete?

— Volevo sapere, Vostra Eccellenza — mormorò il galeotto — volevo sapere... del peccerillo.

— Poverino piccolino — disse il padre, commosso — ha una malattia crudele. Soffre assai.

— Oh Madonna, oh Madonna! — esclamò dolorosamente Rocco Traetta.

— Poverino, è tanto paziente — disse il padre, a voce più bassa, come se parlasse fra sè — e la madre, sempre vicino a lui.

— Ma si sana presto? Quando si sana?

— Ci vorrà qualche giorno, qualche giorno ancora.

Il galeotto restava muto, confuso, si vedeva che voleva dire qualche cosa e non osava. Poi, giacchè era venuto là per quello, disse:

— ... e non può veder nessuno?

Il capitano Gigli levò gli occhi su quella faccia di colpevole e la vide impressa di un grande desiderio, di una grande ansietà: