Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/164

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150 terno secco

tissimo, si era fermata nella piazzetta dell’Aiuto; era entrata nella bottega di Peppino Ascione, suo cugino, quello che faceva i santi. La bottega era piccola e i cinque o sei santi, grandi, al naturale, di legno scolpito, la riempivano. Veramente Peppino Ascione faceva loro solamente la testa, le mani e i piedi, di stucco, delicatamente dipinti: ma egli era il primo stuccatore di santi dei Banchi Nuovi, che pure è il quartiere tradizionale dove si fanno i santi. Quando occorreva, dipingeva anche i vestiti, sul legno, passandovi mollemente sopra il pennello, intriso in una tinta assai ingenua: la tonaca azzurra della Madonna Immacolata cosparsa di stelle d’oro e d’argento, la tonaca bigia e il mantello azzurro del grande S. Giuseppe, la tonaca marrone del poverello di Assisi. — Ma preferiva, in verità, come tutto il popolo napoletano preferisce, le statue dei santi vestiti veramente, di lana o di seta, con una vera tonaca ricamata o trapunta con un vero cordone. Ma dove l’arte di Peppino Ascione diventava immensa era nelle figure del Cristo alla colonna, coronato di spine, con la faccia rigata di lagrime e di sangue, col petto stillante sangue e la piaga aperta nel costato: nessuno, nessuno sapeva fare un Ecce Homo straziante come quelli di Peppino Ascione! E ne avrebbe potuto guadagnare danari, il giovane stuccatore! Ma lo consumava una inguaribile anemia, per cui avrebbe dovuto non fare quel