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38 all’erta, sentinella!

bambino. Ogni tanto anche qualche soldato passava: e passava qualche galeotto, di quelli che circolavano liberamente. Ella rispondeva al saluto, chinando un poco il capo: il bimbo, sorridendo, salutava con la mano. Ma ad un certo punto, proprio, il suo sfinimento la vinse: dovette lasciare la sbarra della carrozzetta, sedersi sopra un banco di pietra, pallida, quasi svenuta. Era un posto quasi deserto, dove le case finivano e cominciava la campagna di Nisida. Il bimbo guardava la madre, dal volto sbiancato, dagli occhi socchiusi, e appena osava mormorare, un po’ intimidito, un po’ spaurito:

— Spingi... mamma... spingi.

— Ora... ora... — diceva ella a voce così bassa che pareva un soffio, e il figliuolino non la udiva.

— Vostra eccellenza, posso spingere io la carrozzetta — disse una voce maschia, ma umile.

Donde era sorto quel galeotto dal volto bianco e dai teneri occhi azzurri, così, improvvisamente? Che chiedeva, che voleva? Essa lo guardò, trasognata, sgomenta, come se egli fosse una visione.

— Il piccerillo pesa — mormorò più umilmente il galeotto — la carrozzetta pure. Vostra eccellenza, posso spingere io.

Ella capì, allora. E, pallida di nuovo, con le labbra strette, disse:

— No.

Egli la guardò, tacque per un momento, poi riprese, umilmente, ostinatamente: