Pagina:Serao - Dal vero.djvu/129

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rustico — qualche volta un piccolo tentativo di parco. Di alberi..... qualcuno; aria..... si dice e si sostiene che ve ne sia; passeggiate..... sul lastrico di una via perfettamente selciata e nella propria vettura. Si fa..... lo stesso che si faceva in città. Si balla, si rappresenta la commedia, si dice male del prossimo, si prendono gelati e si vestono abiti di squisito gusto. Vi è l’etichetta stretta, formale: fissate le ore del pranzo, le giornate di ricevimento, il termine delle serate: tutto è registrato. Però si sta in campagna — si ha il diritto di crederlo almeno: è vero che la città è vicina e che le visite non mancano, è vero che al corso si vede la stessa gente che si vedeva prima, è vero che il verde si scopre col cannocchiale: ma tutto questo si fa in campagna, fra un vaso dove cresce un limone un poco etico, fra una brezza che passando per le vie troppo popolate non porta più nè il profumo dei fiori e molto meno quello del mare; si vede il cielo azzurro, si tratta di un palmo e mezzo, ma è il cielo. E chi non si contenta, si stia. Questa è la campagna aristocratica, fina, la campagna della gente distinta che sa divertirsi a tempo ed a luogo, come si deve e senza infrangere le regole del bon ton. Una campagna convenzionale, artificiale, falsa, che porta il rossetto ed è capace di mettere il frac. Per noi è rappresentata da Portici, da Castellammare ed altri simili: sobborghi, succursali di Napoli.