Pagina:Serao - Dal vero.djvu/277

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sima, un brio da risuscitare i morti; anzi un cronista che masticava di francese, lo profetizzò addirittura un succés de fou rire; tutti poi prevedevano delle piene straordinarie.

Infatti la domenica della prima il teatro riboccava di gente e l’impresario gongolava di gioia: Gaetano, con una febbrile attività andava e veniva per badare al macchinismo. Uscì soltanto alla terza scena, fa salutato da un applauso fragoroso, come autore e come attore, ringraziò, pronunziò le prime parole: ma girando attorno lo sguardo fa assalito da un tremore mortale. Sofia era con sua madre nel fatale palco numero due di prima fila, vestita di azzurro, immobile, seria, attenta: anzi a quella voce aveva trasalito.

Allora Gaetano ebbe un disperato coraggio, il coraggio delle anime buone che si trovano nel più critico, nel più doloroso istante della vita; glielo ispirava il cieco terrore dì perder quella fanciulla che per lui era tutto. Ebbe il coraggio di andare avanti cambiando la voce con un falsetto sgarbato: pel resto era irriconoscibile. Esaltato da tanti mesi di lotta, dalla febbre patita, dalla presenza di Sofia, egli dispiegò quella sera tutta la sua versatilità per sedurre gli spettatori. Vestito da Gilda fa ridicolo sino alla caricatura, forzò la voce ed il gesto: imitò, esagerandole, tutte le grazie svenevoli delle attrici di terz’ordine; vestito da uomo prese tutti gli aspetti: ballò, cantò, suonò il violino, declamò, bastonò, fu bastonato, finse l’uomo ebbro, riempì il palcoscenico ed il teatro della sua voce, della sua presenza. Si ubbriacava di azione, guardava Sofia, la provocava, la