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i camerieri dell’Hôtel de Rome; prendevano il caffè in fretta e poi se ne andavano a visitare la città. Certo, Andrea non amava punto le antichità e Caterina non le intendeva affatto; ma era di obbligo visitarle, anche per acquistare l’appetito della colazione. Se ne andavano guardando, non risparmiando un angolo, nè tralasciando una pietra, da viaggiatori coscienziosi, dicendo, con un’estasi limitata:

— Bello, bello, molto bello!

Ma si divertivano perchè erano insieme, perchè Caterina non aveva mai visto nulla, perchè Andrea sapeva imitare la voce nasale dei ciceroni, dando una spiegazione confusa e imbrogliata, nella quale Caterina correggeva gli errori di storia romana. Ritornavano all’albergo, intronati, stanchi, facevano colazione lungamente. Poi Andrea usciva pel suo grande affare. Oggi doveva parlare col segretario generale, domani aveva un appuntamento col ministro, l’altro giorno si trattava di combinare tutto col direttore generale, sezione agricoltura.

Talvolta, nella stessa giornata, aveva due altri appuntamenti, col robusto, immenso deputato di Santamaria, coll’elegante e aristocratico deputato di Capua, col chiomato deputato di Teano; le conferenze col deputato-giornalista di Caserta, influente perchè amico del presidente del Consiglio, perchè direttore di un giornale napoletano molto diffuso, duravano eterne. Allora egli conduceva la moglie in carrozza a Villa Borghese o al Pincio, e la lasciava lì; o a San Pietro, un paio di volte, dove ci era un fresco ammirabile e