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parte terza | 211 |
Il giudizio pei fiori in aiuole non fu lungo. Le signore prendevano un’aria molto grave, quando le s’interrogava sulla votazione.
— Vedremo... penseremo... provvederemo — diceva la Aldemoresco, seria come un ministro che non vuol compromettersi.
Entrarono nella grande serra a cristalli in cui si esponevano i fiori nei vasi, tagliati o formati in mazzi, le piante esotiche, quelle delicate e freddolose. Il prefetto aveva fatto mettere delle tende azzurre per riparo contro il sole. Da quella parte un po’ di vento fresco soffiava come l’ora declinava. In mezzo vi era un getto d’acqua, sotto un palmizio, piantato nel terreno per l’occasione. Poi i sedili, le seggioline, gli sgabelli, smarriti tra i fiori che sorgevano da tutte le parti. Le signore, entrando lì dentro, traevano un sospiro di sollievo. Là, nel viale, si inghiottiva la polvere e il sole scottava; i fiori in aiuole valevano poco. Qui si entrava in un ambiente parco di luce e profumatissimo. Esse sorridevano con un piacere che si dilatava sulla faccia; Lucia fremeva, le nari aperte, palpitanti. Voltandosi, mentre voleva osservar meglio un grande arbusto di vainiglia, scorse Andrea sotto la porta; fece sembiante di non vederlo mentre egli discorreva con Enrico Cantelmo, e si chinò ad aspirare tutto il profumo della vainiglia. Egli la seguiva con l’occhio, alla sfuggita, come se nulla fosse, parlando di cavalli con Cantelmo. Poi ella ebbe un pensiero rapidissimo: girò su se stessa, e accostandosi a un gruppo di orchidee, fiori delicati, mostruosi e aristocratici, si trovò presso