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parte quarta | 293 |
linconica — ce ne andiamo, finisce questa bella giornata, così. Chissà se ne avremo un’altra!
— Che pensieri! Non fantasticare, Lucia, non ti far crucciare dai sogni. La realtà è che ti amo. La realtà è bella.
— Questo amore è un delitto — mormorò ella.
— Lucia, sii buona: non ripetermi queste brutte cose che mi fanno disperare.
— Noi siamo due grandi colpevoli.
— Lucia, tu lo fai apposta per avvelenarmi quest’ora di gioia.
— E che uomo sei tu che non sai sopportare il dolore? Che vigliaccheria è questa? Sei forte solo nei muscoli? Io ti ho amato perchè ti credevo forte.
— Io sono debole innanzi a te. Solo la tua voce può rallegrarmi o contristarmi: tu puoi darmi la forza o levarmela. Non abusare di questo potere.
Così, erano arrivati alla lite sentimentale, a cui ella lo trascinava dal principio della passeggiata.
— L’amore non è una cosa allegra, Andrea: ricordati che l’amore è una tragedia.
— Non guardarmi così, Lucia. Sorridimi come prima: eravamo così felici prima!
— Non si può essere felici sempre. La felicità è un peccato, la felicità si sconta — sentenziò lei.
Egli voltò il capo e tacque, profondamente contristato. Non sferzava più il cavallino e Tetillo se ne andava a mezzo trotto. Voltandosi, Lucia vide la victoria a poca distanza. Un lampo le passò negli occhi.
— Sferza, Andrea, sferza — disse — presto.