Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/376

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— Io dico che il signore non torna più... — soggiunse, poi, il cuoco. — Ci scherzate? Quella donna Lucia è una femmina fina assai.

Caterina, in camera sua, andava e veniva, riponendo in ordine certi oggetti sparsi, il cappello, lo scialle, aprendo e chiudendo gli armadi: si trattenne qualche tempo ritta innanzi ad essi, passando in rivista gli scaffali della biancheria, contando la roba, come se la volesse catalogare. Si fermava a pensare, ogni tanto, quasi verificasse le cifre che aveva in mente. Questo esame lungo e minuto le fece perdere molto tempo. La roba di suo marito era tutta lì; in un angolo il fucile da caccia, la carniera e la cartucciera. In camera era tutto in ordine. Passò nel salotto, dove la sera prima aveva letto quella lettera. I cassetti della scrivania di suo marito erano aperti, ad uno stava la chiave: li rovistò, carta per carta, lettera per lettera. Erano tutte carte di affari, contratti, donazioni, affitti, fatture, le lettere di amicizia, le lettere che lei, Caterina, gli scriveva quando egli era assente: tutto l’incartamento della Esposizione era là, verbali, rapporti, relazioni, comunicazioni. Ella sfogliò pazientemente questa roba. Lesse tutto, seduta, tenendo il cassetto sulle ginocchia, appoggiando il gomito sulla scrivania, e reggendosi la fronte con la mano. Avvertiva solo un grande stordimento, sentendosi la testa vuota e le orecchie ronzanti. Ma le passava, e ricuperava tutta la lucidità della sua attenzione. Dopo, finita la lettura, impacchettò tutte le lettere, attaccandole con lo spago, riunì in tanti fasci le carte che concernevano gli affari,