Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/390

Da Wikisource.
382 fantasia

piccola ombra nera si proiettava sulle pareti, diventata immensa. Uscì nel pianerottolo, scese due scalini ed entrò nella cucina.

Aveva posato il lume sulla tavola di marmo bianco. Sempre camminando in punta di piedi, traversò la cucina, appoggiò una sedia alla parete, vi salì sopra e staccò dal muro, dove era sospeso fra le casseruole lucide e le forme dei pasticci, il braciere di rame dai piedi di ottone, foggiati a zampe di gatto. Pesava: per poco ella non si arrovesciò indietro. Lo posò a terra vicino al focolare. Poi, chinandosi innanzi all’arco dove si riponeva il carbone, con la paletta, senza raspare, senza far rumore, empì il braciere di grossi e piccoli pezzi di carbone. Si soffiò sulle dita, per toglierne via la polvere di carbone. Ma quando andò a sollevare il braciere, vide che aveva bisogno di tenerlo con le due mani e che non avrebbe mai potuto portare il lume. Lasciò il braciere e riportò il lume in camera sua. Poi ritornò in cucina all’oscuro, a tentoni, Prese il braciere: a ogni porta lo deponeva e chiudeva la porta. Attraversò così tutta la casa, portandosi con sè quel fardello che le stancava le mani. Nel salotto aveva visto un giornale vecchio; lo prese e se lo portò in camera. Chiuse la porta della sua camera a chiave.

Guardandole vicino al lume, si trovò le mani sporche di carbone e se le lavò nella catinella, asciugandole accuratamente. Andò al balcone, come per chiudere le imposte: nella notte cupa brillavano le altissime stelle, e la fontanella della via cantava la sua eterna e fresca