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Madame la marquise 143


ciaio, dalla figura snella ed elegante, dai capelli che erano passati al castano: quel giovane adoratore così ardente, e così mite, così geloso e così indulgente, così austero per i terribili e continuati peccati di frivolezza che ella commetteva e così disposto irresistibilmente a perdonarglieli. La veste di seta dai tenui colori le rammentava quell'uomo che solo aveva osato rimproverarle l'infinita nullità della sua vita e la freddezza del suo piccolo cuore muliebre, e l'ipocrisia dei brevi amoretti, e la misera dispersione sentimentale della sua esistenza. La morbida veste abbandonata e sempre graziosa, su quella poltrona, le rammentava i suoi soli momenti di pentimento, la volontà, ahimè, fallace, di sottrarsi all'avidità, alla leggerezza, al capriccio. La veste esisteva, come cosa viva, come testimone quasi palpitante di un passato non lontano, ma la buona, tenera, austera voce, ecco, era taciuta per sempre e il piccolo mobile cuore era ricaduto nella frivolità e nella aridità, per sempre.

Eppure la cara piccola donna che por-