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La piccola Maria 227


non il lusso, ma la gentile poesia di un’anima presa e che non vive che per le feste dell’amore. Giammai le tende che velavano le finestre delle tre piccole stanze si levavano, per paura di farsi vedere, le pareti erano foderate di stoffe leggiadre e i tappeti non facevano udire il rumore dei passi. Ebbene, dal giorno in cui era stato abbandonato da Maria, Paolo non vi era mai più tornato. Ne portava sempre la chiave in tasca, devotamente: ma non osava neppure accostarsi al portone di quella casa, senza sentire il ribrezzo della paura e un cocente dolore togliergli ogni forza. Spesso, nelle sue crisi più terribili, egli aveva pensato di andare colà, di salire nel tempio, di lacerare i veli e le stoffe, d’infrangere le statuette e le porcellane, di spezzare ogni cosa e, devastato tutto, di richiudere per sempre quella porta e fuggire. Spesso, nelle sue ore desolate, egli aveva pensato di andare a piangere colà, solo, solo, solo, sperando che quel fiume di lacrime avrebbe deterso la torbida anima sua e l’avrebbe rinnovata. Ma non ne aveva avuto il coraggio,