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per monaca 97


— Oh Carlo, vi cercavo. Non dovevamo ballare insieme il waltzer!

— Naturalmente: possiamo ballare insieme una quadriglia.

— Finiamo di sentire questa spiegazione, volete? —

E tutti e quattro. Carlo, Maria, Chiarina, Tecla, rimasero in gruppo, ascoltando, per nulla imbarazzati, abituati dalla loro posizione a sorridere, in mezzo al dramma; l’ammiraglio aveva preso un obice e lo sollevava, lo mostrava alle signore, dicendo loro di provarne il peso. Esse provavano ridendo, non riuscendovi: donna Maria di Miradois vi rinunziò con un attuccio adorabile: ma Tecla, tendendo un po’ le braccia, stringendo le labbra, con una ruga che le tagliava la fronte, come una cicatrice, sollevò l’obice.

— Siete molto forte, Tecla, — mormorò donna Maria.

— Molto forte, — rispose costei, quietamente, raggiustandosi i polsini.

E fu tutto il segno della grande lotta appassionata che ferveva in fondo a quelle tre anime.

Ma uscendo dalla cameretta del cannone, una viva luce ferì il gruppo. Dalla riva di Castellamare, dal terrazzo dello Stabia’s hall una lampada elettrica dirigeva il suo grande raggio bianco sulla corazzata Roma: e coglieva la grossa nave di fianco, illuminandone fantasticamente ora un lato, ora un altro, secondo il capriccio saltellante di colui che dirigeva la lampada. Dapprima la candida luce si era posata sul castello di prora, dove l’alta, snella, quasi fantomatica figura di Angiolina Cantelmo era apparsa idealmente trasfi-

7 — Il Romanzo della Fanciulla.