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per monaca | 103 |
lana nera foderata di astrakan, tutta alamari e cordoni, con un berretto di astrakan; aveva comperato un romanzo di Balzac, l’Albert Savarus.
— Sì, sì, hanno giuocato tutta la notte, Carlo ha perduto ventimila lire; — disse, sorridendo.
— E questo ti fa piacere? — domandò Chiarina, mentre Eva chinava la fronte, preoccupata.
— Immensamente.
— E perchè?
— Quando Carlo sarà pieno di debiti, converrà bene che mi sposi, per rimedio: donna Maria non gli può dare quattrini; io, sì.
— E ti contenti di essere sposata per rimedio?
— Mi amerà dopo, deve finire per amarmi, — soggiunse Tecla, con la ostinazione profonda di chi vuole una sola cosa.
La sala si andava popolando dei viaggiatori più frettolosi che arrivano un’ora prima della partenza; il gruppo delle ragazze si fece da parte: le due Sannicandro insieme col papà e con Maria Gullì-Pausania, la futura cognata, entravano, tenendosi a braccetto, misurando il passo, tanto carine sotto certi scuffiotti alsaziani di raso rosso.
— Abbiamo portato ad Olga delle rose, — disse la prima.
— Delle rose bianche, perchè essa le ama, — soggiunse la seconda.
E si guardarono, tutte lusingate di aver tanto spirito; poi, la prima ricominciò:
— Abbiamo incontrato pochi momenti fa la tua mamma in carrozza, Eva.