Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/143

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bero mai un pazzo abbastanza pazzo da sposarle: non avevano dote, diceva Riccarda Galanti, il padre spendeva per loro tutto quello che aveva, per farle figurare: erano dipinte, dicevano le De Pasquale, mordicchiandosi le labbra miniate: sarebbero diventate due otri, quando si fossero maritate, diceva Caterina Borrelli che pretendeva sempre di fare delle osservazioni profonde, alla sua amica Annina Casale: in quanto ad Annina Manetta, ella era immersa nel buddismo completo dell’amore. Il suo Vincenzino Spano era giunto, sedeva dirimpetto a lei, si guardavano continuamente, malgrado i rabbuffi della madre. Le Altifreda passarono, in mezzo a un gran silenzio: dietro di loro un nuovo mormorìo sorse, il signor Canavacciuolo che non si alzava mai, si era levato per lasciarle passare.

Anche le Galanti, con Enrichetta Caputo, si avviarono per prendere il bagno, poichè era libero il doppio camerino; e di nuovo lo strimpellatore di pianoforte preludiò sulla tastiera giallastra. Si trattava di canto adesso. Cantava una femmina alta, scarna, bruna, dalla pelle lucida, come unta, dai grossi denti gialli come i tasti del pianoforte, dal sorriso amabile: era vestita o piuttosto coperta da un gramo vestito di seta nera, tutto liso e rosso sulle cuciture, senza goletto bianco, con un corno di corallo rosso per ornamento; sui capelli radi, tinti, di una tinta color marrone, un cappello di paglia nera, con una penna rossa, tutta strigliata e cascante; senza guanti. Doveva essere la madre del pianista: e stava presso il pianoforte, in una posa romantica di cantante espressiva, con la testa un po’ ar-