Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/144

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rovesciata, un sorriso estatico sulle labbra. Con una voce flebile, falsa, ella incominciò a gemere una vecchia romanza di Ciccillo Tosti:

penso alla prima volta

· · · · · · · ·

Caterina Borrelli, che non capiva la musica, si mise subito a ridere: ma Annina Casale, sentendo il sentimentale ritornello:

Ma tu, tu l’hai scordato
Dici che un sogno fu....

divenne tutta pensosa. La cantante socchiudeva gli occhi, bruttissima, sudicia, ridicola: e gorgheggiava come un canarino vecchio e stonato. Ora, malgrado l’apparenza sudicia, l’aria ridicola e la voce falsa della cantatrice, il sentimentalismo musicale della romanza tostiana, faceva immalinconire le ragazze del salone. Annina Casale pensava a uno studente di legge di Cassino, che le aveva scritto centoventi lettere di amore, in quaranta giorni, dedicato una quantità di sonetti e di canzoni libere e che l’aveva piantata per sposare in provincia, la figlia di un negoziante di cuoio; e la sua amica Caterina Borrelli, che faceva la donna forte, si sentiva presa da una malinconìa indefinita, essa che non era mai stata tradita, nè mai aveva tradito.

Annina Manetta, la grande martire dell’amore, quella che pigliava quotidianamente degli schiaffi dalla madre, per causa di Vincenzino, guardava il suo innamorato, con gli occhi pieni di lacrime; la Jovine, la zoppina, pensava a un cugino che era andato lontano, che l’aveva amata prima che ella avesse quella disgra-