Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/227

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entrare le ispettrici aveva ingoiato un grosso pezzo di pane e un pezzetto di provola, per traverso; e rossa, con le lagrime negli occhi, si schiantava a tossire.

— Che ce l’ha sempre, questa tosse? È cronica? — domandò la vecchia gobba.

— No, per grazia di Dio, — ribattè quella, fra gli schianti, — non ho mica cinquant’anni, io.

— Signorina Vetromile, come è che ella adopera il filo nostrano? Non lo sa che deve adoperare il filo inglese? Che trascuranza è questa? Ah, proprio, proprio non ci vogliono dare importanza ai lavori donneschi? Vedranno, vedranno agli esami, che fioritura di riprovazioni! —

E le due noiose, dal cervello meschino e dal cuore inerte di donne senza maternità, le due donne inutili e tormentatrici, passo passo, alunna per alunna, trovarono modo di fare qualche osservazione acerba, qualche personalità offensiva: alunna per alunna, esse le contristarono tutte, con la frase, con l’intonazione, col lusso sempre più posto in evidenza dei loro vestiti, con certe squadrature da capo ai piedi, con certe smorfie di nausea, con certi cenni altieri del capo, con certi gesti eleganti delle mani. Quella visita fu tutta una amarezza: quelle che contavano studiare, non potettero; le affamate dovettero rinunziare alla colazione, avendola sotto il banco, nascosta, senza poterla mangiare; quelle che quei vano, perfino le zelanti, furono amareggiate, per gli aghi, per il sopraggitto, per le filze. Finanche Isabella Diaz, che rammendava un brano di castoro, lavoro delicatissimo, fu criticata pel modo