Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/54

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50 telegrafi dello stato


Nella Sezione Femminile erano presenti tutte le ausiliarie, ognuna a una macchina; la direttrice andava e veniva. La vice-direttrice, piccolina, coi capelli, corti, una testolina simpatica di garzoncello svelto, correva da una macchina all’altra, riordinando dispacci, regolando i sistemi di orologeria, dando l’inchiostro, lesta come uno scoiattolo, le mani pronte, l’occhio vivo, la parola alta e breve. I telegrammi nascevano, sgorgavano, spuntavano da tutte le linee; su tutte il ritardo era di tre ore, i telegrammi da trasmettere si ammonticchiavano, formavano fasci, manipoli, cumuli; mentre se ne trasmetteva uno, ne arrivavano cinque da trasmettere, mentre si finiva di trasmettere una serie di dieci, ne restavan fermi cinquantadue. Le ausiliarie erano prese dalla febbre, che ogni ora saliva di grado. Alta, seduta sul seggiolone, col vestito coperto da un grande grembiale nero, Adelina Markò lavorava alacremente alla macchina Hughes, con Genova, trasmettendo con una lestezza di dita di pianista emerita, con uno scricchiolìo rapidissimo di tutto quell'ingranaggio, dando la corda al congegno con certi colpi potenti del piede diritto, i capelli rialzati sulla testa per non aver fastidio sulla nuca, le maniche rimboccate per poter trasmettere più facilmente: accanto a lei, Giulietta Scarano aveva appena appena il tempo di registrare i dispacci. Maria Morra sedeva sull’alto seggiolone, anche lei, alla linea di Bari: un ciuffo di capelli le scendeva sopra un occhio, aveva una macchia d’inchiostro azzurro sul mento, il goletto sbottonato lerchè si sentiva soffocare, due macchie rosse sui pomelli: ogni tanto, Emma Torelli le dava il cambio, per