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La Conquista di Roma 165


«Chi ha chiesto l’onorevole Barbarulo?»

«Io», fece la fantasima.

«Non vi è.»

«È in congedo?»

«È morto da quattro mesi.»

Questa notizia colpì l’uomo-cadavere: egli pensò un momento, ma forse non trovò altro nome da chiamare e se ne andò, lentamente, anche lui. Dopo un minuto, Francesco Sangiorgio attraversò la sala, parlò col servitore — due parole — e accompagnato da lui fin sulla piazzetta, entrò nel coupé, vibrando ancora pel successo.

«Mi congratulo sinceramente,» disse donna Elena Fiammanti, stringendogli la mano.

Il coupé filò via. Nella sala il viavai cessava, il bimbo gridava, svegliato dalla mamma, gli uscieri si sedevano un momento, stanchi: due deputati, uno con tre interlocutori, un altro con due signore, chiacchieravano nel salone attiguo.


La vampa ardeva, piccolina, nel caminetto: tre ceppi in triangolo bruciavano, alle punte. Donna Elena stuzzicò un poco la cenere calda e i carboncini accesi, ne schizzò fuori qualche scintilla, i tre ceppi s’infiammarono. Ella si rialzò subito: