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198 La Conquista di Roma


E picchiò sui cristalli per dire qualche cosa al cocchiere. Subito la carrozza si fermò, in Piazza Barberini. Ella discese presto e si rialzò sul capo il cappuccio del mantello.

«Va’ a casa,» disse al cocchiere: «dì a Carolina che vada a letto: ho la chiave.»

Restarono soli, in Piazza Barberini. Lo zampillo della fontana, alto, mormorante, scintillava sotto la luna.

«Volete che passeggiamo un poco? Nel teatro si soffocava.»

Egli le offrì il braccio, deciso a non meravigliarsi di nulla. Andarono per Via Sistina, la grande via che ha un’aria così aristocratica di giorno e così paurosa la notte. Ella si stringeva a lui come se avesse freddo e paura, come se volesse farsi piccola, per mettersi sotto la sua protezione: ma restava forte e alta nel suo mantello nero: sotto il cappuccio gli occhi brillavano. E quella persona, quegli occhi avevano la qualità singolare, che è la simpatia: un fascino violento che turba i sensi. Di nuovo Francesco Sangiorgio si sentiva preso, come nel salotto, quando ella disprezzava così brutalmente l’amore. E l’impressione era profonda e acuta, senza niuna