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La Conquista di Roma 199

dolcezza, uno sconvolgimento, un tumulto, un principio di ebbrezza.

«Che silenzio!» diss’ella, con una voce che fece vibrare tutt’i nervi di Sangiorgio.

«Dite ancora qualche cosa,» mormoro lui.

«Che cosa?» domandò ella, piegandoglisi sulla spalla.

«Quel che volete, quel che volete: la vostra voce mi piace tanto.»

Invece donna Elena non rispose. Erano arrivati sulla piazzetta di Trinità dei Monti, illuminata dalla luna. L’obelisco si allungava nella blandizie lunare e la sua ombra, alta e sottile, si disegnava sulla facciata della chiesa; il viale alberato che conduce a villa Medici e al Pincio era tutto chiaro. Essi si accostarono all’alto parapetto della piazzetta, da cui tanti malinconici contemplatori hanno guardato Roma, nelle ore del tramonto. Ma Roma si vedeva molto confusamente, annegata in una chiara nebbia plenilunare che pareva quasi la continuazione del cielo bianchissimo, una discesa di orizzonte che aveva avvolto le case, i campanili e le cupole.

«Non si distingue nulla, peccato!» disse donna Elena.