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310 La Conquista di Roma

dell’Aniene, con le due larghe finestre che affacciano a monte e a valle del fiume. Sangiorgio si fermò sul ponte, si appoggiò allo sporto e guardò lontano, donde il fiume veniva. E veniva, stretto, ma profondo e sinuoso, con una rapidità di corrente singolare, aumentato dalle pioggie invernali: veniva, tutto bianco, con un colore di argento smorto, ma freddissimo; senza lucentezza, ma glaciale. Una quantità di piccoli gorghi vi si formavano, cerchiolini con un buco intorno a cui l’acqua si arrotondava, a piccole onde circolari.

Sulla riva un po’ di terriccio più chiaro, non una pianta, non sabbia, non pozzolana e attorno il grande deserto della campagna romana.

Non pioveva ancora: ma le nebbie del fiume e lo scirocco morbido avevano dato una tinta di bagnato alla vecchia costruzione nomentana: e toccando la parete del finestrone donde si affacciava, Sangiorgio sentì un’umidità gocciolante; i gomiti stessi del suo soprabito erano già bagnati e sporchi.

Aguzzò gli occhi su tutta la campagna, ma non si vedeva nè il gramo profilo di un albero, nè il meschino profilo di un uomo: attraverso