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330 La Conquista di Roma

piumata o infiorata, davano, salendo, certe occhiate lente e distratte alle due grandi siepi di piante verdi, alle muse dalle foglie larghe venate di rosso, alle palme che parevan cupissime sullo stucco bianco delle pareti.

Le donne guardavano, inerti, come se non vedessero nulla, per conservare la serenità — e salivano piano, per non scalmanarsi, perchè sul viso non fosse turbato il pallore eguale o il fiorente roseo. Dopo tanta nervosità febbrile, la calma egoistica della donna che vuol restar bella era scesa in loro: e bastava vedere la tranquillità con cui nel grandissimo salone degli arazzi, trasformato in guardaroba, un po’ freddo, esse discioglievano i nastri, snodavano i cappi dei mantelli, lasciandoseli togliere delicatamente dalle spalle, conservando la loro apparenza di bellissime statue insensibili e semoventi; bastava vedere il gesto flemmatico, con cui distendevano su per le braccia la pelle cedevole dei guanti di Svezia, mentre il marito, o il fratello, o il padre, aspettava, impaziente, col braccio pronto, per accompagnare la bella indifferente e serena che si rialzava pacificamente le spalline del corpetto un po’ spostate.