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La Conquista di Roma 349

una rosa che si sviluppi dall’involucro, ridacchiava sotto l’edera di una grande giardiniera, mostrando i dentini candidi.

Donn’Angelica, al braccio di Sangiorgio, passava, fermandosi ora qua ora là, scambiando saluti e sorrisi con le mogli dei deputati che incontrava: la marchesina di Santo Marta, bionda e ricciuta come un uccellino; la marchesa di Corvisea, fedele ai suoi vestiti di rosso-cupo, mostrando i più bei piedini della politica italiana; la baronessa de Romito, la bellissima e tranquilla Giunone; la contessa di Trecastagne, una francese pallidina e gentile che aveva sposato un siciliano; la baronessa di Sparanise, la spirituale signora dai nerissimi occhi egiziani; la mite e piacente marchesa Costanza, dalla voce affettuosa e dall’incesso molle; le due bionde signore figliuole del ministro di grazia e giustizia, una bionda ed esile, l’altra bionda e pensosa: esse andavano in su e in giù, senza rientrare nella sala da ballo, formandosi ogni tanto in gruppi, ridendo fra loro, narrandosi gli aneddoti della serata, guardandosi da capo a piedi, con un sorriso benevolo ma profondo, misurandosi giusta-