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350 La Conquista di Roma

mente in tutta la loro manifestazione di lusso e di bellezza.

Donna Clara Tasca era rimasta mezz’ora, aveva chiacchierato con ministri, uomini politici e deputati, ed era subito partita, trascinandosi dietro don Mario, di cui certo avrebbe completata la fortuna politica, se egli fosse stato meno nebuloso, meno fantastico, meno virtuoso di politica.

Donna’ Angelica, al braccio di Sangiorgio, parlava poco: ma egli non chiedeva altro, felice di avere, sulla manica della sua marsina, quel braccio nascosto pudicamente dal guanto, felice di poter contare, ogni tanto, macchinalmente, le perle di quel monile, felice di sentirsi sfiorare il piede, ogni tanto, dall’orlo di quel vestito di broccato. Ella cercava suo marito, ma quietamente, senza troppo insistere, senza chiederne a nessuno: e col suo cavaliere scambiava solo qualche rara parola. Finalmente don Silvio, al braccio di un deputato d’opposizione, comparve sotto una porta, si avanzò verso lei e senza quasi guardarla, senza accorgersi di chi l’accompagnava, le chiese subito, sottovoce:

«Sua Maestà?»

«Amabilissima,» fece lei, chinando gli occhi.