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354 La Conquista di Roma

coppie ballavano il waltzer, e in tutte le sale, sotto gli arazzi, fra le giardiniere, fra le portiere di broccato, fra il bianco dello stucco e l’oro degli ornamenti, era un sorgere, un pullulare, un espandersi di donne, una lucentezza di chiome stellate, un anelare di petti femminili luminosi. Il segretario di don Silvio si accostò a donn’Angelica, con la sua aria affaccendata.

«Sua Eccellenza deve andare immediatamente al ministero, per un telegramma di urgenza. Non può accompagnare la signora.»

«Bene,» fece lei, licenziandolo con lo sguardo.

Tacitamente egli l’aveva accompagnata in anticamera, dove, nello scialbo luccicore della luce elettrica, sotto gli occhi dei camerieri muti, quasi automatici, l’aveva aiutata a infilare il grande mantello di broccato bianco, foderato di ermellino. E, senza avere spiegazioni, senza dirsi nulla, ella aveva ripreso il suo braccio ed era discesa placidamente per lo scalone: il cameriere di casa Vargas li aveva preceduti, per chiamare la carrozza. E con un moto gentile e rapido, innanzi allo sportello aperto del coupè, ella raccolse lo strascico, inarcò il piedino calzato di raso bianco