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32 La Conquista di Roma

la mattina, nel pomeriggio, di sera. Come schiudeva la finestra, al mattino, scorgeva, attraverso il velo fitto della pioggia, il grande palazzone panciuto, che pareva volesse sbuzzar fuori per l’umidità. E si vestiva macchinalmente, tenendovi gli occhi addosso, facendo conto di andarsene per Roma, a vedere la città, a cercare un quartierino mobiliato, non potendo durare alla vita di albergo; ma sulla porta dell’albergo, aprendo il paracqua, una subita indolenza lo vinceva; la strada che inclinava a Piazza Colonna, gli pareva sdrucciolevole e pericolosa: egli dava una scrollata di spalle, ed entrava direttamente, sotto la pioggia che incalzava, nel palazzone di Montecitorio. Ne riusciva solo per far colazione, all’albergo, nel salone a terreno che fa angolo, dietro una delle porte-finestre, dai grandi cristalli di un sol pezzo; e mangiando lo stufatino di vitella alla romana, egli si voltava, ogni tanto, a vedere chi entrasse in Parlamento.

Mangiava rapidamente, con la distrazione di un cervello che non è sensibile al piacere dello stomaco. Sempre qualcuno che entrava lo interessava. Ora gli sembrava che fosse il Sella, con la sua forte persona, un po’ quadrata, come se