Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/12

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6 la mano tagliata.


giornate di freddo, dell’inverno napoletano. Gli impiegati erano avvolti nei cappotti pesanti e andavano e venivano, presto presto, per riscaldarsi. Un braciere ardeva, nella stanza della Pubblica Sicurezza, dove regnava il popolare ispettore Rotondo: ma nell’ampia camera si gelava egualmente. Una schiera di viaggiatori arrivava, per partire con quel diretto di Roma, delle due e cinquanta, che, mentre vi permette di far colazione a Napoli, vi dà agio di pranzare comodamente a Roma, dove arriva verso le otto. Per lo più, erano stranieri, quelli che viaggiavano: inglesi, americani, russi che avevano già passato una settimana, due, tre a Napoli e che risalivano a Roma, a Firenze, a Venezia, a Nizza, sopra tutto a Nizza, i più ricchi e i più mondani.

Anche Roberto Alimena, che aveva cercato invano la Pulmann, lo sleeping-car, una carrozza, infine, dove si avesse meno freddo che in un vagone di prima classe, era diretto a Nizza. Voleva restare una settimana a Roma, desiderando, così, vagamente di assistere al ballo del Quirinale e al primo ricevimento dell’ambasciata inglese: poi, avrebbe ripreso il treno per Genova e Ventimiglia. Nulla era certo però: giacchè nulla era mai certo nello spirito e nel desiderio di Roberto Alimena. Il nobile e dovizioso signore era restato un mese a Napoli, facendo la gran vita, giuocando, avendo donne, frequentando circoli, teatri e passeggiate, bene accolto dovunque, perchè era simpatico, perchè era di una grande famiglia lombarda, perchè era ricco. Pareva che non volesse, non dovesse mai più andar via, tanto si era legato con la società napoletana, coi giovani eleganti e anche con qualche donnetta: pareva che una incipiente passione per donna Chiara Mastricola dovesse scoppiare veemente. A un tratto, senza dirlo a nessuno, si era determinato a partire. Il freddo improv-