Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/173

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la mano tagliata. 167


— Voi non morrete e io non posso, non debbo far altro, — mormorò Marcus Henner, guardandola fissamente, come per calmarne l’agitazione.

— Morrò, se non mi aiutate, — replicò ella, con la ostinazione dei malati.

— Che volete da me, mistress Jackson?

— Non voglio morire, ecco!

— Siete giovane, vivrete.

— Ho bisogno di vivere, dottore!

— Avete una famiglia numerosa?

— No, solo mio marito.

— Senza figliuoli?

— Senza, per grazia di Dio! Sarebbero tisici, pensate, come me, come mia madre! No, no. Mai questa tortura ad altri esseri viventi, a innocenti! Ma voglio vivere, per lui!

— Chi è questo lui?

— Mio marito, Emilio Jackson.

— Lo amate tanto?

— Lo adoro.

— E vi ama?

— Mi adora! — e aveva detto ciò col singolare ardore che mettono gli etici in queste cose dell’amore.

— Possibile, che vi adoriate tanto! — disse Marcus Henner con un sogghigno.

— Oh tanto! — esclamò la poveretta, congiungendo le mani.

— Esiste, dunque, l’amore? — chiese Marcus Henner, a voce bassa.

— Esiste: voi non ci credete? — domandò timidamente la tisica.

— No.

— Non siete mai stato amato? — disse l’altra.

— Mai, — rispose lui, recisamente.

— Come è possibile? Voi così pieno di talento e di cuore? Voi, il grande medico? Voi, il grande scienziato?