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Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/195

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la mano tagliata. 189

dormitorio, sull’angolo del giardino, verso il mare. Suor Serafina si era subito mostrata molto docile, molto obbediente; aveva avuto due o tre lunghe conferenze con la badessa, nel segreto della camera di costei; e ne era sempre uscita con gli occhi rossi. Ella compiva i suoi umili uffizi con molta rassegnazione, pregava molto; ma era spesso distratta. Spesso restava delle lunghe ore, dietro la grata, guardando il mare. Ma alle trentatrè erano molto indulgenti con le novizie, perchè erano ancora troppo fresche del mondo e per far loro prendere amore alla vita claustrale.

La novizia Serafina, in certi giorni, sul suo volto impallidito e stanco, mostrava tale un abbattimento che la madre badessa, dopo aver pregato con lei, al coro, la dispensava da certi lavori pesanti, che alle novizie erano riserbati. Ella ringraziava, con un tenue sorriso:

— Grazie, madre mia.

— Dio vi assista, Serafina. —

E ambedue si segnavano, a quel nome. La novizia Serafina restava in chiesa, a pregare, delle ore. Ma quando vi arrivavano, alla spicciolata, delle altre suore, la trovavano col volto fra le mani, con le labbra mute, spesso prostrata, spesso abbandonata, con le braccia protese sull’altare del coro.

— Piange, — dicevano.

— No, è morta. —

E le monache si avvicinavano a lei, per soccorrerla. Ella non era nè morta, nè svenuta. Si rialzava, più bianca che mai, baciava il crocifisso del suo rosario, si segnava, spariva.

— Che strana novizia! — diceva qualcuna di esse.

— Strana!

— Poveretta! — soggiungeva un’altra.

La compativano. Erano donne tenere e buone,