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190 la mano tagliata.

malgrado che mai avessero vissuto la grande vita dell’amore. Solo qualcuna di loro aveva ancora dei ricordi; ma così lontani!

La novizia Serafina era nel convento da solo un mese e tutti si erano abituati al suo viso smorto, ai suoi occhi vaganti, a quell’aria trasognata, che era, poi, ammantata di tanta dolcezza, quando giunse l’altra novizia, raccomandata dal cardinale vicario. Fu nelle primissime ore della mattina. Le donne che bussarono alla porta, erano due; una più di età e che parea di condizione servile, l’altra giovane, bruna, fine, vestita elegantemente di nero.

— Questo è il monastero di suor Orsola Benincasa? — domandò la domestica.

— Sissignora, — disse la portinaia.

— Questa è la raccomandata del cardinale vicario, — e accennò alla più giovane.

— Ah! va bene, — mormorò la conversa.

E sparve, lasciando le due donne sole nella portineria. La più giovane che non aveva detto una parola, si lasciò cadere sopra una sedia.

— Coraggio, signorina, — disse la domestica.

— Ne ho, — mormorò l’altra — ma sono molto stanca.

— Ora, ora, vi riposerete molto, — disse la serva, guardandosi intorno.

La stanza era imbiancata di calce, nuda, con quattro sedie e un tavolino; delle immagini sacre, sulle pareti. Ma da una finestra si vedeva un angolo dell’orto e, lontano lontano, il mare.

— Starò bene, qui, — disse la giovane novizia.

— La clausura è troppo terribile.

— Ne desidero una così, — rispose subito la novizia, abbassando gli occhi.

— Così terribile!

— Non è mai terribile, servire Iddio.

— In tanti modi si serve!