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274 | la mano tagliata. |
Dick Leslie che aveva seguitato a fumare la sua pipetta corta di radice, cavandone grandi sbuffi di fumo, tirò il cordone legato al braccio del cocchiere e il cab si fermò improvvisamente.
— Ci siamo? — chiese Roberto, ansiosamente, ma a bassa voce.
— Non ancora: adesso. —
Il detective pagò il cocchiere e rimase fermo a vedere il cab che si allontanava; quando il rumore delle ruote si disperse nella lontananza, allora Dick Leslie riprese il braccio di Roberto Alimena e s’internò con lui in una via lunga, deserta, scarsamente illuminata. Camminarono abbastanza, in silenzio; Roberto, sentendosi così prossimo a una soluzione del suo grande affare, era inquieto, nervoso e mordeva il suo sigaro. Svoltarono, di nuovo, per quattro o cinque straduzze e si trovarono sulla riva del Tamigi, lungo un doch, deserto. I lampioni a gas, abbastanza radi, vi mettevano una luce fioca e vagolante al piacere del vento che si era levato, impetuoso. Tutte le botteghe del lungo dock erano chiuse: solo, qua e là, qualcuna era socchiusa e ne usciva un filo di luce.
— Ci siamo? — chiese ancora Roberto, che fremeva.
— Ora, — rispose pazientemente Dick Leslie.
Una lanterna a vetri rossi ondeggiava sospesa a un uncino, davanti a una porta a cristalli, velata di tendine di lana rossa.
— Ecco l’osteria della Bella Editta, — disse il detective, fermandosi.
Roberto, prima di entrare, dette uno sguardo alla via, lungo il fiume. Era singolarmente tetra; e il rombo delle limacciose acque del Tamigi, rombo sordo e lugubre, ne accresceva la tetraggine. Non passava un’anima.
— Qui ci possono ammazzare e seppellire in