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la mano tagliata. | 277 |
della Bella Editta; e scambiò qua e là qualche saluto con coloro che bevevano. Anche, salutò Dick Leslie, ma non si accostò a lui e andò a sedersi a un tavolino, tutto solo.
Battendo con la pipetta sul piano di legno, chiamò il garzone e si fece portare un cock-tail, bevanda forte e tutta inglese.
— Perchè non è venuto da noi? — domandò a bassa voce Roberto Alimena.
— Abbiate pazienza. Non precipitate gli avvenimenti. Non bisogna aver l’aria di corrergli dietro.
— Sta bene, ma non ne posso più.
— Tutto succede a chi sa frenarsi.
— Pensate che quell’uomo ha nelle mani la mia felicità! — mormorò Roberto, come se parlasse a sè stesso.
Dick Leslie e Roberto Alimena tacquero, fumando. Mentre guardavano le nuvole di fumo che s’innalzavano verso la vòlta bassa della taverna, ecco di nuovo, di lontano, questa volta, si udì il fischio stridente e breve. Poi, un passo rapidissimo trascorse fuori l’osteria, seguìto da un altro, anche più rapido.
— Che sarà? — disse Roberto.
— L’affare è fatto, — rispose il detective, senza muover ciglio.
— Cioè?
— Un uomo è morto.
— Un uomo?
— O una donna, chi sa!
— Un assassinio?
— Già.
— Domani si troverà il cadavere?
— Oh no! Il Tamigi è così profondo!
— E voi, che siete della polizia, non vi occupate di ciò, non cercate d’impedire, di scoprire?
— Non ho ordini, — disse Dick Leslie, freddamente. — E quando non ho ordini, non me ne