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276 la mano tagliata.


— Verrà? — disse ancora Roberto Alimena che aveva gli occhi fissi sulla porta.

— Ha promesso, — rispose evasivamente il detective, ricaricando la sua pipa.

Tacquero. Roberto Alimena teneva gli occhi bassi e pensava. Leslie seguitava a fumare. A un tratto, di fuori, si udì un fischio stridulo e breve. Dick Leslie trasalì, ma non disse verbo.

— Che è? — domandò Roberto che anche aveva avuto un fremito.

L’agente gli fece cenno di tacere. Un po’ più vicino, il fischio si ripetè, più stridente. Allora, due avventori della Bella Editta si levarono da tavola, dove stavano bevendo della birra e gittarono del danaro sul tavolino: erano due volti di ladri e di assassini, mal vestiti, avvolti in certe cravatte rossastre, con le mani in tasca e con la pipetta in bocca. Uscirono lentamente, guardandosi intorno, con certe occhiate di sbieco.

La porta si richiuse dietro loro; e un minuto di profondo silenzio regnò nell’osteria, un silenzio tragico.

— Va a succedere una disgrazia, — osservò quietamente Dick Leslie.

— Sì? Qui vicino?

— Chissà! — Tacquero di nuovo. Le undici e mezzo erano passate.

— John non si vede, — disse Roberto Alimena che era sulle spine.

Ma non aveva finito di dire questo, che la porta dalle tendine rosse, che metteva dei riflessi sanguigni nella via, si schiuse e John, il servo di Marcus Henner, entrò.

— È lui, — disse a fior di labbro Dick Leslie.

Il servo di Marcus Henner entrò lentamente, con le mani nelle tasche del pastrano, fumando la sua pipetta corta, come tutti gli avventori della taverna