Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la mano tagliata. | 279 |
che dite! — osservò ironicamente Dick. — Chi lo conosce? Chi sa niente di lui?
— È grande, è grande, credetelo, — disse con voce misteriosa e trepida il servo, che era sempre sotto l’influenza del suo padrone.
— Ricco? Glorioso? Felice?
— Ricco, credo: glorioso, fra la gente della sua razza; felice.... non credo!
— Vedete bene che Marcus Henner non è poi il generale Wellington.
— Egli ha un immenso potere sulle anime: le comanda, le domina, le vince, — continuò a dire John, piano, come se narrasse una storia bizzarra.
— Già, è un ipnotizzatore.
— Non so, non so! So che egli piega le volontà, cambia il corso delle idee, assopisce dei dolori e dà delle gioie....
— False, — disse, a un tratto, Roberto Alimena.
— False, che importa? — rispose subito John, volgendosi al nuovo interlocutore.
— L’ipnotismo è basato sull’inganno, — rispose con freddezza Alimena, frenandosi dinanzi a una occhiata di Dick Leslie.
— Sarà; ma è un santo inganno. Giorni sono, vedete, è venuta una povera tisica, mia amica; egli non voleva visitarla: era in un cattivo momento. Però, tanto l’ho pregato, che ha consentito a riceverla. L’ha addormentata e le ha imposto di credersi guarita. Ebbene, la poveretta è andata via felice, felice!
— Inganno, inganno, — ripetè Roberto, a bassa voce.
— E poi, — sogghignò Dick Leslie — non sempre il padron vostro adopererà a buono scopo il suo potere.... —
John abbassò gli occhi e non rispose.
— Avete detto che egli non è felice? — chiese Roberto, volendo ricominciare il discorso.