Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/305

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la mano tagliata. 299

facesse un contro-processo, perchè si cercasse chi era l’assassino, il vero assassino!

— Non me ne importa niente, — pensò fra sè Roberto Alimena, arrivato a questo punto della lettera del suo avvocato.

Mario Miranda continuava, dicendo che, in fin dei fini, si poteva tentare di mettere a dormire il processo, poichè nessuno pareva facesse soverchie premure per farlo andare avanti. A ogni modo, rimanesse all’estero, Roberto Alimena, non si muovesse da Parigi, da Londra e, magari, andasse più lontano ancora.

— Se Maria vuole, ce ne andremo in America, — pensò Alimena.

Ma pensò anche, che se la misteriosa donna per cui egli ardeva di un amore tanto fantastico avesse voluto ritornare in Italia, egli ci sarebbe ritornato subito, anche a rischio di farsi arrestare.

Il pacco delle lettere d’Italia ne conteneva anche un’altra, lunga e affettuosa, di Ranieri Lambertini, che gli scriveva da Perugia, da un suo castello dove si era ritirato a passare il tempo della sua convalescenza. Egli narrava tutta la sua tristezza al suo amico, giacchè egli aveva perduto la sua donna, la sua cara fanciulla adorata, la sua diletta. E, ad ogni tre o quattro righe, scoppiava il grido di dolore dell’anima innamorata:

— Rachele, Rachele, io debbo ritrovare Rachele! —

Un lampo di luce rischiarò il cervello confuso di Roberto Alimena: quel nome di Rachele fu il filo conduttore di quella scossa elettrica. Rachele! Rachele! Non era, forse, quello il nome che ella invocava nelle sue lunghe ore di solitudine e di dolore, non era forse quello a cui ella dirigeva quelle lunghe lettere che non giungevano mai al loro indirizzo? Rachele, la figlia di Maria! E così si spiegava la duplice persecuzione di Marcus Henner