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310 la mano tagliata.

trato subito a casa. Il Lambertini era un giovane che aveva molto amato gli esercizi del corpo e la vita all’aria aperta: ma adesso, dopo nove mesi di infermità e di tristezza, era piuttosto diventato un sognatore malinconico, vinto da un velenoso pessimismo. Gli avevano dato una stanza ed un salotto sporgente su via Caracciolo, al sole, all’ammezzato. Molte ore della sua giornata passava sdraiato in una sedia lunga, vicino a quel verone, neppure fumando, perchè il fumo gli faceva male ai polmoni, e appena guardando il mirabile spettacolo, che si svolgeva sotto a’ suoi occhi. Spesso, dopo pranzo, poichè le notti erano belle, de’ suonatori ambulanti, venivano a cantare le loro canzoni napoletane, accompagnati dalle chitarre e dai mandolini, e dietro a’ cristalli dei balconi era un apparire di facce esotiche che ascoltavano delle canzonette.

Egli stesso, che non era uno straniero, tendeva vagamente l’orecchio a que’ suoni e a quei canti così spesso appassionati, quasi sempre teneri. Ancora, della gente si radunava intorno a questi suonatori ambulanti, malgrado che fossero notti d’inverno, e altri cantavano in coro con essi, con quella facilità graziosa del popolo napoletano.

Ranieri Lambertini ascoltava assai distrattamente quei suoni e quei canti che gli parlavano di amore; ei portava nel cuore una rimembranza fatale che gli avvelenava per sempre l’esistenza e una sensibilità estrema lo faceva fremere, ogni volta che lo spettacolo della vita lo induceva alla contemplazione dell’amore. Quella sera di gennaio, tiepida come se già si fosse in primavera, lo rendeva anche più infelice, perchè faceva risorgere in lui tutti i rimpianti di un amore perduto. Di dietro ai cristalli del suo verone, egli guardava nella via il piccolo attruppamento, quando, come suggestionato da uno sguardo che lo attirasse, egli