Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/315

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la mano tagliata. 309

ciulla israelita, aveva l’ardore della passione e la catastrofe che aveva infranto il loro legame, lo aveva atterrato. Trovarsi a due dita dalla felicità ed entrare invece in un lugubre e tragico sogno, vedersi in pericolo di vita, aver perduta la cara persona e averne smarrita ogni notizia, ecco quel che torturava lo spirito di Ranieri Lambertini, molto più che il continuo pericolo di una tisi galoppante. Non aveva aspettato di guarire per partire da Roma, volendo fare delle ricerche personali, non sapendo vivere senza aver ritrovato la sua Rachele. Questo viaggio bizzarro ed infruttuoso, dietro un’ombra sparente, lo aveva estenuato. Fu in Roma che i medici avendolo trovato esaurito di forze, sfinito d’anima, gli avevan consigliato di vivere a Napoli sei settimane, e poscia di andare a Mentone o a Cannes, cercando non solo un’aria dolce a’ polmoni stanchi, ma cercando anche delle distrazioni all’animo esacerbato. Egli aveva ubbidito, quasi macchinalmente, dacchè una grande sfiducia lo aveva colto in que’ sette od otto mesi in cui nulla aveva saputo di Rachele.

Senza quella fanciulla, egli si sentiva inetto a vivere, e tutte le sue speranze languivano, qualche giorno persino egli aveva creduto che Rachele Cabib fosse morta. Quindi, si era recato in Napoli senza ansietà e senza speranza, trascinando la sua pallida giovinezza, così intimamente colpita, più per soddisfare alla tenerezza di suo zio che lo amava come un padre, che per nessuna voglia personale di vivere. Egli aveva preso alloggio al Grand Hôtel, in via Caracciolo, vivendoci quindici giorni, senza vedere nessuno, facendo delle passeggiate solinghe e malinconiche, non cercando di riannodare le relazioni coi giovani gentiluomini napoletani che egli bene conosceva.

Era uscito a cavallo, due o tre volte, ma, quel movimento aveva finito per fargli male, ed era en-