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la mano tagliata. | 317 |
il destino che gli era sfuggito. Passeggiò tre o quattro volte, su e giù per la stanza. Poi, si fermò:
— Rosa?
— Signore?
— Io voglio vedere Rachele.
— È impossibile, signore.
— Io voglio vederla.
— È monaca, signore. —
— Ho sempre amato e servito Iddio fedelmente; non può impedirmi di vederla.
— Ve lo impedirà la clausura.
— Ricorrerò al vicario.
— Signore!
— Andrò sino al papa, ma la vedrò.
— Ma è monaca, è monaca!
— Che importa? Debbo vederla: debbo parlarle: debbo dirle che sono innocente: giurarglielo su Dio: e dopo morire.
— Oh, madonna, aiutaci!
— Debbo vederla, Rosa; non posso morir disperato, bestemmiando. Ritrovarla, saperla qui, poco lontano e non poterla vedere, è da dannarsi. Io mi tiro un colpo di rivoltella. —
E nei suoi occhi si leggeva la risoluzione implacabile che nulla può vincere.
— Vederla, Rosa, vederla, per un’ora, per dieci minuti, per un minuto. Dirle una parola e morire. —
La povera donna, dinanzi a quello scoppio dell’amore di Ranieri Lambertini, si alzò esterrefatta. L’idea che egli volesse violare la santità del chiostro, per vedere Rachele Cabib, che forse aveva di già pronunciato i voti solenni monacali, turbava la sua coscienza di umile cristiana. Era stata lei la intermediaria più accanita di questo fra la giovane fanciulla ebrea e il gentiluomo romano, aveva desiderato ardentemente che queste nozze così impossibili diventassero una realtà; ma il