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326 | la mano tagliata. |
— Ma è come se fosse monaca, — soggiunse subito lei, con voce commossa.
— Come se fosse? e perchè?
— Perchè pronuncierà i voti solenni fra quindici giorni.
— Fra quindici giorni? — gridò lui. — E perchè così presto?
— Perchè ella stessa ha chiesto di abbreviare il tempo del suo noviziato, perchè è venuto il rescritto ecclesiastico, e perchè ella fra quindici giorni sarà una sepolta viva.
— Chi ti ha detto questo, ella stessa?
— Me lo aveva detto prima la conversa, che fa da portinaia, e poi me l’ha confermato suora Grazia.
— Chi è suora Grazia? — domandò lui, smarrito.
— È lei, è la signorina Rachele, che ha preso questo nome in religione.
— Anche il nome ha cambiato? — egli disse, come vaneggiando, come parlando a sé stesso.
— E che ti ha detto lei?
— Non voleva vedermi, — rispose Rosa.
— Non voleva? E come si è indotta a riceverti?
— L’ha indotta la madre badessa; le ha detto che le novizie, prima di monacarsi, debbono vedere i loro parenti e i loro amici, perchè poi non rimpiangano nulla del mondo. Allora, suora Grazia, ossia quella che fu la vostra Rachele, si è decisa a vedermi, per obbedienza.
— E come era? come è diventata?
— Più fine, più pallida, e più bella. Non sembra più una donna, signore; sembra un angelo.
— Oh, Rachele, Rachele! — esclamò lui, torcendosi le mani dal dolore.
— Io le ho voluto baciare la mano, ma essa me lo ha impedito; mi ha salutato teneramente, ed ha voluto saper conto della mia vita.