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la mano tagliata. | 325 |
stero era nella sua voce, ed egli tacque, camminandole a canto, a capo basso. Presto, però, arrivarono al Corso, e salirono in una carrozza da nolo, che doveva condurli al Grand Hôtel; per parlare meglio, e per nascondere la sua faccia sconvolta, Ranieri Lambertini fece alzare il soffietto.
— Dunque, — le disse — l’hai vista?
— Sì, l’ho vista, — disse lei, a capo basso.
— Quando, come?
— Or ora, dieci minuti fa.
— Solamente dieci minuti fa? E sei rimasta tre ore?
— Ella era al coro; poi vi è stata un’ora di adorazione del Sacramento; poi si è dovuto consultare la badessa, e finalmente l’ho vista.
— Al coro, al Sacramento? si è dunque monacata? non è più novizia? — La serva chinò il capo sul petto, e non rispose.
— Di’, si è fatta monaca? — incalzò lui, che tremava tutto.
La donna ancora tacque.
— Non vuoi darmi la tremenda notizia? — egli gridò. — Abbine il coraggio. È meglio la certezza, che questo dubbio atroce! È monaca, è vero? — e le afferrò la mano callosa, e la strinse come se volesse infrangerla.
— Non mi fate male. Io non ne ho colpa, — ella rispose, tentando di sciogliere il suo polso da quella stretta.
— È monaca? — urlò lui. — Io l’ho perduta per sempre! — e fece come per gittarsi dalla carrozza sul binario del tram a vapore che si avanzava, quasi volesse finirla con la vita.
— No, — disse lei, rattenendolo — non è monaca ancora.
— Ah! — gridò lui, con un sospiro che parve un ruggito, cadendo disfatto in fondo alla carrozza da nolo.