Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/35

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la mano tagliata. 29

la delle cravatte: e la portò in salotto, per osservarla sotto la lampada. Mentre la guardava, attentamente, ebbe come un senso di fastidio: gli parve di dare questa osservazione, forse un po’ indiscreta, in piazza. Difatti, le imposte erano ancora aperte e quel pianterreno dava in piazza Mignanelli, a mezzo metro dal suolo. Macchinalmente, guardò in istrada, prima di chiudere: non era un’ombra, quella che si staccava dalla base dell’obelisco alla Immacolata Concezione? Sì! Il tedesco? Fole, fole: era una guardia di pubblica sicurezza che veglia sempre, a quel posto, durante la notte. Roberto Alimena ebbe un lieve sorriso e serrò le imposte.

Un nécessaire da toilette? Bene strano, dunque: troppo lungo: troppo leggiero: senza un manico, senza un anello, senza una correggia. Due volte, la scatola fu girata e rigirata da lui: prestò orecchio, se nulla facesse rumore, dentro, il che sarebbe stato naturale, se vi fossero delle spazzole e dei pettini. No, no. Lunga, leggiera, nera, con un fermaglio semplicissimo di argento. Ma che fermaglio?

Era un fermaglio a linguetta serrata, evidentemente, in una serratura a cui mancava la chiave o il segreto. Non si comprendeva come fosse avvenuta la connessione perfetta fra il coperchio e la scatola: ma essa era ermetica. Voltando, Roberto Alimena vide anche che i due cardini erano d’argento. E mentre osservava tutto questo, un desiderio immediato lo colpì, ardentissimo: quello di aprire la scatola: un fiotto di sangue gli fece bruciare la fronte.

Come aprirla? Bisognava forzarne la serratura. E quale serratura! Senza pensare più a nulla, obbedendo a un istinto invincibile, egli cercò qualche cosa e non trovò che una stecca di avorio per tentare l’effrazione. Ma fu inutile. L’avorio non