Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/423

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la mano tagliata. 417

so la Polonia; per un giorno intiero camminammo in carrozza, a traverso dei deserti di neve, senza che potessi accorgermi d’essere inseguito. Avevo composto con le mie mani un potentissimo cordiale, di cui io solo conoscevo il segreto, e che avrebbe ridato la vita all’essere più sfinito; e ogni cinque o sei ore ne versavo un cucchiaio nella bocca della esanime Maria. Per qualche ora, il polso le si rinforzava un poco, e un leggiero colorito roseo le si diffondeva sulle guance; ma era una fiamma fittizia, che poco dopo s’illanguidiva quasi fino a spegnersi.

«Al secondo giorno mi parve che una troika corresse precipitosamente dietro la nostra carrozza di posta; ma tirata da un sol cavallo, lontano come un punto nero nello spazio bianco, non aveva speranza di raggiungerci. Però quella corsa furiosa dietro noi mi insospettì. Chi poteva inseguirci? Non Mosè Cabib, il quale, rispettoso della mia volontà e soprattutto vinto dalla paura, aveva preso la strada verso Vienna; non la polizia russa, perchè allora mi avrebbero inseguito dei gendarmi a cavallo, e non una semplice troika, dove probabilmente non si trovava che un solo uomo. Ad ogni modo, feci affrettare la corsa dei miei tre cavalli, e presto potemmo perdere di vista quel punto nero. Ma rimasi inquieto. Invece di passare la notte in un villaggio, ove trovavasi il cambio dei cavalli ed un albergo, dove avrei potuto mettere al riparo dal freddo e dal disagio la povera catalettica, volli ripartire nella notte istessa, malgrado il parere contrario dell’albergatore e de’ postiglioni, temendo di essere sorpreso nella notte in quell’albergo da qualche ospite spiacevole. Partimmo in mezzo al lento fioccare della neve, illuminati da una luna scialba, che appariva e spariva tra le nubi; i rari alberi disseccati mettevano delle ombre nere e paurose sul bianco lenzuolo della neve; e noi correvamo